Le foreste sono tra i nostri principali alleati nella lotta ai cambiamenti climatici. Salvaguardare questi preziosi ecosistemi è il modo più efficace per rimuovere parte dei gas serra dall’atmosfera ed evitare di compromettere l’abitabilità di molte aree del pianeta. Eppure, se le foreste sono in affanno, è solo colpa nostra. In altre parole, stiamo segando il ramo su cui siamo seduti.

La deforestazione e la frammentazione degli habitat, insieme all’aumento delle temperature globali dovuto alle attività antropiche, sono all’origine del declino delle foreste. Le minacce principali sono la loro conversione in terreni agricoli, il taglio e il commercio illegale di prodotti forestali, gli incendi e l’avanzamento dell’urbanizzazione.
Secondo il Forest resource assessment della FAO, in 10 anni abbiamo perso un’area forestale pari a 940 mila km, un territorio grande come l’intero Egitto. È una deforestazione che accelera ogni giorno di più, e che in pochi anni potrebbe cancellare il 60% della Foresta Amazzonica, polmone verde del Pianeta. Altre notizie allarmanti arrivano dal Madagascar, che ospita una tra le più grandi varietà di specie al mondo e che, ad oggi, ha perso circa l’80% delle foreste originarie. I dati del WWF rivelano che, con gli attuali tassi di deforestazione, l’isola perderà tutte le sue foreste entro 40 anni. Ma questi sono solo alcuni dei dati più preoccupanti messi in evidenza dalla comunità scientifica. Per avere un’idea più chiara della gravità del problema, basta dare uno sguardo all’anno appena concluso. Il 2019 è stato un anno drammatico per le foreste. È stato l’anno degli incendi in Amazzonia, in Australia, nelle Isole Canarie e prima ancora in Siberia, Alaska, Groenlandia, Angola e Congo. In Australia le cifre dei roghi sono quelle di una vera e propria catastrofe: 10 milioni di ettari distrutti, un miliardo di animali selvatici uccisi o gravemente feriti, e danni economici che superano i 4,4 miliardi di dollari.

Ma perché le foreste sono importanti?
Le foreste coprono una superficie di quasi 4 miliardi di ettari, oltre il 31% delle terre emerse, e hanno un ruolo insostituibile a livello biologico ed economico. Sono infatti le foreste che aumentano la sicurezza idrogeologica, riducono l’impatto di alluvioni ed esondazioni, consolidano il terreno riducendo frane e smottamenti, arrestano l’inaridimento dei suoli, l’erosione e la desertificazione e proteggono dalle ondate di calore e dal caldo estremo.
Oltre a contenere l’80% della biodiversità terrestre, a fornire acqua e aria pulita, cibo e bellezza, le foreste, grazie alla loro naturale capacità di assorbire le emissioni di anidride carbonica, svolgono un ruolo fondamentale nel contenere il riscaldamento globale in atto. Gli alberi sono alleati straordinari nell’adattamento ai cambiamenti climatici e possono svolgere un ruolo fondamentale per rendere il territorio più resiliente e sicuro.

Una recente ricerca, condotta dall’ecologista Tom Crowther, dell’università svizzera ETH di Zurigo, sostiene che i livelli di carbonio che potremmo ripristinare se piantassimo 1,2 miliardi di alberi, o almeno se permettessimo a quegli alberi di crescere, sarebbe molto più alta di qualsiasi altra soluzione attuale per il cambiamento climatico. Piantare alberi è, dunque,  la soluzione più efficace che abbiamo per salvare noi e il nostro Pianeta.
Di certo per far fronte all’emergenza climatica non sarà sufficiente piantare alberi, ma saranno necessari cambiamenti radicali nel nostro stile di vita, altrimenti neppure i grandi ecosistemi pluviali del pianeta potranno sopravvivere agli impatti dei cambiamenti climatici. Bisognerà ridurre gli sprechi, ricorrere sempre più alle energie rinnovabili e rendere i sistemi di trasporto più efficienti ed ecologici, azioni che comunque richiedono molto tempo.
Oggi alcuni governi e molte aziende promettono di compensare le loro emissioni di gas serra piantando alberi, parlando tanto di misure di compensazione che in gran parte si rivelano soltanto degli strumenti di marketing. E’ evidente che i Paesi stanno rispondendo con colpevole lentezza e che gli impegni assunti  fino ad ora non sono sufficienti per poter arrivare al 2030 in condizioni non irreversibili.

Un albero di medie dimensioni che vegeta in un contesto naturale ha un potenziale di assorbimento di anidride carbonica compreso tra i 20 e gli oltre 50 kg di CO2 all’anno e potrebbe fare la differenza. Piantiamolo!

Andrea Scialabba
Presidente di Kukula